domenica 29 maggio 2011

DAL FASCISMO AL CATTOLICESIMO POLITICO di Piero Vassallo

La parabola della buona società italiana

Dal fascismo al cattolicesimo politico


Ricostruita attraverso la corrispondenza e i carteggi amorevolmente raccolti e commentati con sagacia da Francesco Mancini, è pubblicata in questi giorni da Solfanelli in Chieti (con una prestigiosa prefazione di Lorenzo Ornaghi) Già vinti nel cuore, la storia dell'illustre famiglia abruzzese svela, in modo esemplare, un evento censurato e rimosso dalla cultura al potere: il cammino della maggioranza cattolica dal popolarismo al fascismo e dal fascismo alla democrazia cristiana.
La vicenda dei Mancini, puntuale frammento della grande storia italiana, rivela i motivi dell'inevitabile divorzio delle famiglie cattoliche dal fascismo perdente, mentre riconosce la loro fedeltà - nella rottura obbligata dal disastro bellico - ai valori promossi e/o riconosciuti dal regime di Mussolini: la fede in Dio, la sacra dedizione alla famiglia, l'ardente amore per la Patria.
Francesco Mancini, a metà degli anni Trenta, è podestà di Serramonacesca, un paese della provincia di Chieti. Il curatore dell'epistolario di famiglia, rammenta che il nonno "d'impronta cattolica, aveva avuto vaghe simpatie popolari". E giustifica la successiva adesione al fascismo scrivendo che "E' da ricordare che nel pescarese era fortissima l'influenza del ministro Acerbo, che rappresentava l'ala più moderata, avversa allo squadrismo del regime".
La giustificazione addotta non è infondata, dal momento che Giacomo Acerbo, illustre interprete dell'amor di patria, nel dicembre del 1922, presentò a Mussolini il filosofo cattolico Francesco Orestano, che proprio in quella circostanza sollecitò e ottenne dal capo del governo l'incarico di avviare i preliminari della trattativa per il Concordato con la Santa Sede. (Al riguardo cfr.: F. Orestano, Il mio concordato, edito a cura dell'assessore alla cultura della Provincia di Palermo, Tommaso Romano, nel 2003)
Contrario alla logica razzista, nel 1942 Acerbo fu apprezzato da Pio XII quale autore di un decreto legge, che soddisfaceva le richieste della Santa Sede attenuando notevolmente il rigore delle ingiuste leggi del 1938.
Ispirata dall'autorevole esempio di Acerbo, durante il Ventennio la famiglia Mancini si conformò alla maggioranza dei cattolici italiani, che diedero il consenso al regime di Mussolini, l'uomo inviato dalla Provvidenza.
Solamente il figlio maggiore di Francesco Mancini, Antonio, si sottrasse all'influenza della dominante cultura fascista.
Il curatore dell'epistolario, trascurando la professione di fede cattolica resa da Giani e Pallotta, gli esponenti delle avanguardie fedeli a Benito e Arnaldo Mussolini, afferma che la freddezza di Antonio (suo padre) fu conseguenza della refrattarietà all'irrazionalismo fascista e all'idea corporativa.
Ad ogni modo, i tre fratelli Mancini militarono, a vario titolo e con diverso animo, nelle organizzazioni del regime. Uno di loro, Armando, studente di filosofia, partecipa addirittura ai Littoriali.
Arruolati nell'esercito i fratelli partecipano con entusiasmo alla seconda guerra mondiale. La loro fede sopravvisse ai rovesci dell'esercito italiano. Il maggiore dei tre, Gino, in una lettera dal fronte, spedita in data 11 aprile 1943, scrive ancora: "Il nostro morale è più alto che mai. Il Signore non mancherà di premiare la nostra fede, il nostro lavoro, l'entusiasmo con cui serviamo la Patria diletta". Antonio, il più tiepido e il più sfiduciato, nel luglio del 1943 dichiara tuttavia che "Bisogna lavorare ed aver fiducia. Noi più di prima fermi nella nostra volontà di resistere. ... Abbiamo una fede illimitata nel destino della nostra Patria". Il più giovane, Armando, esorta i fratelli a "tener alta la fiducia nelle nostre armi e la necessità, il diritto alla vittoria".
Quest'ultima lettera, spedita dall'isola di Coo nell'Egeo è datata 29 luglio1943. E' la vigilia della tragedia consumata l'otto di settembre: la morte della Patria, che fa sentire gli italiani vinti nel cuore. Il tiepido Antonio scrive: "Che schifo sentirsi vinti così".
Nel giro di poche ore la notizia della resa agli alleati dissolve l'esercito italiano. Privi di un comando i soldati o s'imboscano o fuggono incalzati dai tedeschi o si arrendono all'ex alleato. Nel suo diario Antonio scrive: "Non avrei mai creduto che tanti uomini potessero in quattro giorni diventare tanto vigliacchi".
I pochi reparti che, interpretando le vaghe indicazioni di Pietro Badoglio, si oppongono eroicamente ai tedeschi sono travolti dalla furia dell'alleato tradito. Antonio, tenente di artiglieria in Corsica, attraversa la marea dei disertori in fuga disordinata e, con un pugno di uomini fedeli alla consegna, si oppone efficacemente ai tedeschi. Gino, in regolare licenza si trova a casa, e non è coinvolto nella tragedia. Ma di Armando, che obbedisce all'ordine di resistere ai tedeschi si perde ogni traccia. Sembra certo che egli cadde vittima dei tedeschi, ai quali la guarnigione di Rodi si era eroicamente opposta.
Sottoscritto nell'umiliante armistizio breve dell'otto settembre, l'esito disgraziato della guerra ha dissolto l'unità degli italiani e, facendo retrocedere la storia al sanguinario 1919, ha suscitato la guerra civile socialcomunista e l'arroccamento dei fascisti irriducibili nella disperata Rsi.
I cattolici e tra loro il capo della famiglia Mancini e i suoi cinque figli, avevano trovato un ragionevole accordo tra la vera fede, l'onesto bene economico e il regime fascista. L'otto settembre distrusse il loro solido equilibrio politico e religioso.
L'epistolario familiare dei Manici, ciò non ostante, attesta una ferma adesione agli ideali del patriottismo, vero è che i due ragazzi sopravvissuti, Gino e Antonio, che avevano partecipato con entusiasmo alla guerra, si trovarono improvvisamente sospesi tra lo sconcerto e il disfattismo della folla solitaria, la devastante insorgenza dei comunista e l'assoluta inefficienza del potere badogliano.
Di qui la loro cocente delusione e la loro scelta di affidarsi al partito democristiano, ritenuto emanazione dell'orientamento conservatore prevalente nella Segreteria di Stato vaticana.
Nel 1944 Gino, maturando una decisione non contrastante con la logica del partito romano, aderisce alla Dc. Si allontana dal fascismo senza aderire all'antifascismo professato dai socialcomunisti. Poco dopo lo segue Antonio, che fa valere le sue ingenti qualità, salendo nella gerarchia del partito fino a diventare esponente di primo piano e apprezzato sindaco di Pescara.
La lettura dei documenti familiari dei Mancini, in definitiva, è consigliata quale sussidio alla formazione di un cattolicesimo politico liberato dalle incapacitanti ossessioni destate dalla sinistrorsa filosofia di Maritain e dall'antifascismo sbandierato dai sessantottini per svigorire e abbattere la resistenza italiana al disordine.



Piero Vassallo



http://www.riscossacristiana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=921:dal-fascismo-al-cattolicesimo-politico-di-piero-vassallo&catid=52:-a-cura-di-piero-vassallo&Itemid=123



domenica 15 maggio 2011

Novità: GIÀ VINTI NEL CUORE di Francesco Mancini

«Le vicende di una famiglia e di uomini della terra d’Abruzzo, nella loro chiara filigrana, ci permettono di scorgere, comprendere meglio e amare di più – perché la percepiamo reale e precisa, proprio nei dettagli unici e irreplicabili della vita di ogni persona – quella che è stata la storia dell’intero Paese durante gli anni finali del fascismo e in quelli della costruzione della democrazia italiana.» (dalla Presentazione di Lorenzo Ornaghi)
La famiglia di cui si parla è quella dei fratelli Mancini, partiti dalla campagna abruzzese allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Gli autori principali del carteggio sono Giovanni Armando e Antonio; del fratello Luigi rimangono purtroppo poche lettere, insufficienti per una biografia giovanile.
Giovanni Armando, il minore, volontario nei battaglioni della Gioventù Universitaria fascista, nelle quasi trecento lettere che scrive a casa è convinto della Vittoria, anche dopo la caduta di Mussolini. Eppure l’8 settembre 1943 combatte i nazisti a fianco degli inglesi. Si è cercato di capire il perché.
Antonio, il fratello maggiore, autore di un lungo diario, odiava la guerra e riteneva sbagliata quella al fianco dei tedeschi. Dopo l’8 settembre non parla di antifascismo, né di democrazia, ma di «enorme sventura per la Patria» e di «inizio del calvario». Perché, lui che non era fascista e che i tedeschi li aveva battuti, dice di sentirsi «già vinto nel cuore»?
Antonio sopravvive al conflitto mentre nell’Italia liberata tutto cambia; soffrendo diventa una persona del tempo nuovo e tuttavia conserva intatti i valori dell’Italia di sempre. Il suo diario, pieno delle convinzioni che hanno ispirato la sua opera e la sua vita, è il viaggio interiore d’un Orfeo cattolico.

Antonio Mancini (1915-1982). Un self-made man temprato e volitivo, contrario al fascismo e alla guerra, chiede però nel 1943 la “zona di operazione” . Combatte i tedeschi in Corsica e poi nella guerra di Liberazione. Si iscrive alla Democrazia Cristiana a Forlì nel 1945 e poi già nel 1946 ne sarà segretario provinciale a Pescara. Raggiunge i vertici della carriera statale e già negli anni Quaranta ha compiti politici di rilievo. Negli anni Cinquanta sarà il primo sindaco DC di Pescara, la “città miracolo del dopoguerra… la prima città americana in Italia” (Piovene).

Armando Mancini (1919-1943). Studente promettente, atleta filosofo. Giovanissimo professore, vincitore dei Littoriali, volontario nei battaglioni universitari del Duce nel 1941, scompare nell’ottobre 1943. Ucciso in combattimento, fucilato, mitragliato, fatto affogare, non si è mai saputo.





Francesco Mancini
GIÀ VINTI NEL CUORE
Un carteggio famigliare (1936-1944)

Presentazione di Lorenzo Ornaghi
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-7497-732-1]
Pagg. 288 + 24 ill. - € 20,00

http://www.edizionisolfanelli.it/giavintinelcuore.htm

venerdì 13 maggio 2011

La storia dei fratelli Mancini in un libro

"Tre abruzzesi, due guerre, un'Italia" . È il titolo del convegno che si svolgerà venerdì 20 maggio, alle 17.30, nell'Aula Consigliare del Comune di Pescara. Nel corso dell'iniziativa, organizzata in occasione dell'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia, verrà presentato il libro "Già vinti nel cuore – un carteggio famigliare 1936-1944", di Francesco Mancini (Edizioni Solfanelli). Un'opera che riporta una selezione delle circa 300 lettere dei fratelli Mancini: Luigi, Antonio e Giovanni-Armando. Si racconta come i protagonisti arrivarono al '43, a quello che fu per l'Italia e per loro stessi, un momento di verità, un'Apocalisse. Il libro tenta di comprendere, riportando carte famigliari, interiori, scritte giorno per giorno, le motivazioni con le quali, negli anni '40, Armando va verso la guerra e le ragioni per cui Antonio, antifascista, chiede di andare in zona operazione nel luglio del 1943. E poi ancora gli stati d'animo in cui torna a vivere, nel 1944, nell'Italia tagliata in due.
Aprirà i lavori del convegno il presidente del Consiglio comunale di Pescara, Licio Di Biase. Ugo Crescenzi, presidente Emerito della prima giunta regionale d'Abruzzo interverrà nel corso del dibattito sul tema: "Figure e lasciti ideali dei fratelli Mancini" e Francesco Mancini darà il suo contributo al dibattito: "I genitori, gli zii, visti come giovani del '43". La lectio magistralis "Le vicende dei fratelli Mancini nel quadro della crisi politica e militare del 1943" sarà, invece, tenuta dalla professoressa Elena Aga Rossi, ordinaria di storia contemporanea all'Università dell'Aquila, docente della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione.


http://www.quotidianodabruzzo.it/rubrica/storia/5376/la-storia-dei-fratelli-mancini-in-un-libro-.html


mercoledì 11 maggio 2011

“Già vinti nel cuore” è il titolo del testo che sarà presentato il 20 maggio al Comune di Pescara

Due guerre, tre fratelli e una storia

Il carteggio familiare alla base del libro di Francesco Mancini


“Già vinti nel cuore” è il titolo del testo che sarà presentato il 20 maggio al Comune di Pescara


Se si riuscisse ad insegnarla così, la Storia, cogliendone l’immensità attraverso le minuzie, il senso generale dal sentimento personale, riusciremmo forse a trasmetterne il valore vero, e magari a farla amare di più. Non è solo nei testi scolastici che sono racchiusi gli eventi grandi e piccoli che hanno fatto il nostro paese: anche nel diario di chi c’era, di chi ha affidato alla pagina il senso di un’esistenza sconvolta, si possono trovare tracce e documenti storici. Altro che voyeurismo: qui il buco della serratura diventa voragine della Storia, pubblico e privato si sovrappongono inevitabilmente.
In questi giorni stiamo festeggiando il compleanno dell’Italia; 150 anni duri, difficili, ma anche esaltanti. Momenti cruciali che, mutando il corso della Storia, hanno mutato la vita di tante famiglie. Come è accaduto ai Mancini, le cui vicende sono al centro di Già vinti nel cuore, il libro costruito sulla base dei carteggi familiari da Francesco Mancini.
Il volume, edizioni Solfanelli, sarà presentato nel pomeriggio del 20 maggio, nell’aula consiliare del Comune di Pescara. Introdotti dal presidente del consiglio comunale, Licio Di Biase, i lavori prevedono anche la lectio magistralis di Elena Aga Rossi, ordinaria di storia contemporanea dell’ateneo aquilano. Due guerre, tre fratelli, tre pensieri diversi, un’unica famiglia, i Mancini di Serramonacesca, negli anni fra il 1936 e il 1943.
Dopo l’8 settembre Luigi, Antonio e Giovanni Armando, pur lontani fra loro, fanno la stessa scelta: la resistenza contro i tedeschi; Luigi a Bari, Antonio in Corsica, Giovanni Armando a Kos. Il loro percorso emerge soprattutto dal carteggio di Giovanni Armando e Antonio, di Luigi rimangono poche lettere.
Negli anni ’40 vanno sotto le armi, con idee diverse sulla guerra e sul regime. Giovanni Armando, atleta e brillante professore, entra volontario nei battaglioni della Gioventù Universitaria Fascista.
E’ convinto della vittoria anche dopo la caduta di Mussolini, come testimoniano le trecento lettere inviate a casa. Eppure l’8 settembre del 1943 sceglie di combattere i nazisti a fianco degli inglesi, trovando la morte in combattimento.
Il fratello maggiore Antonio, autore di un lungo diario, odiava la guerra e riteneva sbagliata quella al fianco dei tedeschi. Lui, che fascista non era e che i tedeschi li aveva battuti, dopo l’8 settembre scrive di sentirsi "già vinto nel cuore", come racconta nel libro il figlio Francesco. Antonio sopravvive al conflitto, mentre nell’Italia liberata tutto cambia. Negli anni Cinquanta sarà il primo sindaco Dc di Pescara, “la città miracolo del dopoguerra”, scriveva Guido Piovene.

Marina Moretti
http://www.pescarapescara.it/public/zoom/numeri/11052011PE.pdf

martedì 10 maggio 2011

Tre abruzzesi, due guerre, un’Italia – Convegno sui fratelli Mancini

Una terra senza memoria sarebbe un organismo vuoto, sterile. Ancor piùse si pensa a testimonianze e ricordi ancora tanto brucianti per noiabruzzesi – come quelli relativi all’ultima guerra e in particolare achi, come i fratelli Mancini di Serramonacesca, ne vissero le tragichefatidiche fasi.Venerdì 20 maggio, nell’Aula Consiliare del Comune di Pescara, ilconvegno “Tre abruzzesi, due guerre, un’Italia” sarà perciò unappuntamento con la storia e con la cultura, ma anche l’occasione diuna preziosa focalizzazione sull’esemplare destino umano e culturaledi tre fratelli in cui oggi tutti noi, così circondati daconflittualità e dissidi, vorremmo riconoscerci. Perché Luigi, Antonioe Giovanni Armando Mancini, pur con diverse concezioni rispetto allasocietà dell’epoca, trovarono un fermo e nobile punto di incontro,oltre che sul comune credo cattolico, sulla necessità di parteciparealla resistenza e affrontare i tedeschi.Una pagina intensa della nostra memoria, una piccola brillanteleggenda forse ancora poco nota, e la professoressa Elena Aga Rossi,ordinaria di storia contemporanea presso l’Università dell’Aquila,saprà ritrarla in maniera magistrale, ponendo in luce aspettiimportanti degli ultimi anni del regime fascista. Oggi, nelcentocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale, non siamo nétroppo vicini né troppo lontani da quel periodo cruciale – tanto piùci incalza il desiderio – e il dovere morale – di non dimenticarecoloro che eroicamente ci hanno preceduto.

Paola Marchegiani

http://www.pescaraonline.net/2011/05/10/tre-abruzzesi-due-guerre-un%E2%80%99italia-%E2%80%93-convegno-sui-fratelli-mancini/

domenica 1 maggio 2011

Pescara e il periodo della guerra nel libro di Francesco Mancini

PESCARA. C'è la storia pescarese del secolo scorso nel libro che Francesco Mancini, dirigente del gruppo Di Vincenzo, presenterà il 20 maggio, alle 17,30, nell'aula consiliare del Comune. Il libro si intitola «Già vinti nel cuore». Francesco Mancini, fratello dell'ex assessore Armando Mancini, racconta la storia del padre Antonio Mancini, ex sindaco di Pescara e degli zii Luigi e Giovanni Armando, attraverso le lettere che i tre si scrivevano. Il dirigente ha ritrovato documenti di famiglia che gli hanno consentito di ricostruire tutto il periodo storico della Seconda guerra e del Dopoguerra. Alla presentazione del libro interverranno, tra gli altri, il presidente del consiglio comunale Licio Di Biase e la docente di Storia contemporanea Elena Aga Rossi.

http://ilcentro.gelocal.it/pescara/cronaca/2011/05/01/news/pescara-e-il-periodo-della-guerra-nel-libro-di-francesco-mancini-4084767